Quest’anno il nostro presepe è caratterizzato dalla presenza “centrale” di un “talit” (pronuncia italiana “talled”) – velo per la preghiera usato ancora oggi dai fedeli della religione ebraica. Esso è usato – anche nella religione cattolica – nelle celebrazioni sponsali, in sostituzione del velo nuziale (huppah):
“I genitori e i testimoni, tengono disteso il «velo sponsale» sul capo di entrambi gli sposi per tutta la durata della preghiera. Il velo richiama la huppah giudaica:
– la tenda e la casa accogliente che sono gli sposi l’uno per l’altro e tutti e due per i fratelli.
-Evoca quindi la famiglia come Chiesa domestica,
casa di Dio dove la parola di Dio abiti con abbondanza,
ci si istruisce, esorta e ammonisce scambievolmente,
si cantano salmi, inni e cantici spirituali,
si rende grazie per ogni cosa a Dio Padre per Cristo
e tutto quello che si fa in pensieri, parole e opere si compie nel nome del Signore Gesù.
– Esso è simbolo del cielo che copre e protegge,
del ciborio che adombra l’altare,
– implora lo Spirito
che scese su Maria nell’annunciazione,
su Gesù al Giordano,
che avvolse gli apostoli sul monte della trasfigurazione,
che si manifestò a Pentecoste sulla Chiesa nascente e la infiammò di ardore apostolico,
che scende sui doni eucaristici e su coloro che vi prendono parte,
– viene invocato sugli sposi perché li unisca,
perché trasfiguri la loro unione e infiammi il loro cuore,
perché condividano i doni del suo amore,
perché siano un cuor solo e un’anima sola,
l’uno per l’atro segno della presenza di Dio, vangelo vivo tra gli uomini.”
Il velo è quindi un segno di Benedizione – Dio infatti agisce continuamente nel mondo tramite la bene-dizione. Come nella Genesi (cap.1) la Parola crea, essa è dinamismo generatore che scaturisce dalla Trinità – vita completamente offerta e accolta nella relazione divina che continuamente si offre all’accoglienza dell’uomo.
La Benedizione – giorno per giorno, attimo per attimo – opera per realizzare il sogno di Dio sull’uomo, per renderlo conforme a Sé, immagine del Creatore, volto di Dio – perché l’uomo sia “giustificato” e viva a lode della Sua Gloria, direbbe San Paolo. La Benedizione è quindi libera e leggera, non programmabile da parte dell’uomo, non classificabile, non posseduta, ma solo accolta istante per istante. Perciò non ha pareti, barriere, limiti, ma si offre a tutti e scende su tutti noi.
L’unica parete fondante la dimora di Dio fra noi è la Grazia, che ci è abbondantemente donata – la benedizione accolta realizza la dimora dell’Emmanuele (nel presepe è simboleggiata dalla parete di fondo, di colore chiaro).
La Benedizione che Dio manda su colei che è piena di grazia, quando viene accolta, genera la novità che cambia continuamente il mondo, lo ri-genera, lo ri-crea, lo rende nuovo. Infatti la Benedizione, per poter operare la trasformazione del mondo, ha bisogno di essere accolta e di poter operare, in chi la accoglie, l’affidamento. Esso è la fiducia totale in Dio, la consapevolezza che Egli – comunque – opera il Suo progetto di bene su di me, se io mi affido a Lui. L’affidamento non è una scelta che avviene singolarmente, una volta per tutte, ma è opera di ogni giorno, va continuamente rinnovato, è sempre un cammino, scardina le certezze, le programmazioni.
Nel presepe l’affidamento è simboleggiato dalle foglie di cocco che sembrano fragili piroghe; su di esse sono appoggiati Maria e Giuseppe, su altre sono accesi dei piccoli lumi (le persone che ci danno luce, che si affidano a Dio), altre infine sono vuote … perché aspettano noi!
La relazione uomo-Dio nelle Scritture è l’affidamento (da Abramo a Gesù, passando per tutti i testimoni e i profeti); esso trova la sua espressione nella preghiera. Infatti la preghiera è ricerca continua della consapevolezza della Benedizione di Dio e celebrazione di lode per lo stupore, la meraviglia del Suo immenso Amore. Le frange del talit (chiamate t’chelet) composte di lana azzurra, significano nella religione ebraica “consacrato al Signore”, le abbiamo allargate a raggiera, così che possiamo prenderne ciascuno una estremità. Attraverso di esse ci giunge la benedizione di Dio e tramite esse ci affidiamo nella preghiera di lode e di intercessione reciproca.
Gesù è l’uomo totalmente consapevole della Benedizione divina che lo abita e totalmente accogliente della forza che agisce attraverso di essa. Egli diviene perciò Benedizione in sé stesso, diviene Parola (Gv 1) di Dio uscita dalla Sua bocca. In Cristo si avvera la profezia di Isaia (55,10-11) che ci dice: ”Come infatti la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme al seminatore e pane da mangiare, così sarà della parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata“ . Accogliere la Benedizione su di me e rispondere con l’affidamento offerto nella preghiera di lode è seguire Cristo, è vivere ciò che preghiamo nel Padre Nostro “sia fatta la Tua volontà”.
Betlemme è il luogo dove il sogno che Dio ha su ciascuno dei suoi figli e su tutta l’umanità riprende vita e possibilità di realizzazione. A Betlemme Dio stesso prende la nostra carne per divenire forza di benedizione, creazione nuova che genera “l’uomo nuovo”, capace di vivere in comunione con Dio, di risanare la frattura della relazione avvenuta nella coppia primigenia (Gn 2).
Betlemme è il luogo dove Dio può nascere perché un uomo e una donna lo hanno accolto nella loro relazione, anche se questo scardinava tutti i loro progetti; la coppia che ha accettato la Benedizione di Dio sulla propria relazione è divenuta Benedizione per tutte le genti. Ogni coppia che accoglie la benedizione di Dio vede infinitamente moltiplicato l’amore che la costituisce ed esso diventa disponibile per tutte le persone. La coppia diventa capace di benedire ogni persona che le si accosta, di trasmetterle il bene che Dio vede in lei e che sogna per lei.
Davanti al presepe ognuno è invitato a riconoscere tutti i volti nei quali si è incarnata la Benedizione di Dio lungo la propria vita (la candela rossa poggiata sul suolo solido – segno di coloro che ci precedono nel ritorno al Padre e che vivono già nel Suo abbraccio benedicente). Da questa gioiosa consapevolezza nascerà la capacità di benedire gli altri, di farsi tramite per trasmettere la benedizione che Dio vuol far giungere a tutti i Suoi figli. La consapevolezza di questa forza di benedizione “bipolare” che ci attraversa e che ci unisce a Dio e agli altri, ci aiuta ad attraversare le situazioni di difficoltà e di dolore, ci aiuta a sperare contro ogni speranza,ad amare fino a donare totalmente la vita.