Da “Devo fermarmi a casa tua” di Ermes Ronchi
Al recinto sacro del tempio, Dio antepone il luogo della vita. E’ così confortante immaginare il Signore Gesù, rabbi straordinario e innamorato della normalità, che ti sfiora e ti tocca non solo nelle chiese o nelle cappelle, ma nella casa, nella vita ordinaria, nei giorni della festa e nelle notti di tempesta…
Gesù prende un dettaglio della casa, la porta, e lo eleva a immagine di sé: “Io sono la porta”. Sono il varco che si spalanca sulla strada, il passaggio che fa entrare in una dimora nuova, una forza che fa entrare e uscire: “sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato” (Gv 10,9°). Non troverà però un nido dove fermarsi, ma sarà spinto avanti, a libertà: “entrerà e uscirà” (Gv 10,9b). Gesù non inventa recinti, apre orizzonti e una promessa di fame saziata: “e troverà pascolo” (Gv 10, 9c).
Dio è una porta che si apre, un orizzonte che si allarga…
Il cristianesimo nasce in una casa, non al tempio. L’angelo Gabriele per primo sconfina dal recinto del santuario, dove stava “ritto alla destra dell’altare dell’incenso” (Lc 1,11), e vola via fino alla casa di una ragazza di paese, a Nazaret. Sconfina dal sacerdozio e dall’apparato solenne dei riti liturgici, per approdare alla normalità di una ragazza qualunque, alla leggerezza di un luogo qualunque…
Dio ha preso casa, ha messo la sua tenda dentro lo sterminato accampamento degli uomini, accanto alle nostre tende, ha abitato un’umile casa fra infinite altre. “Tre volte l’anno ogni tuo maschio comparirà alla presenza del Signore Dio” (Es 23,17). Nella pienezza dei tempi questa legge è capovolta: è lui che si mette in pellegrinaggio verso l’uomo, verso il santuario del quotidiano: un Dio a cui piace sconfinare dal suo cielo, pascolare nella terra dell’uomo e non nel “solito paradiso”. “Piace anche a lui nutrirsi di nutrimenti terrestri (Giorgio Luzi), scorrere nella vita, nel torrente della vita, entrare nelle case, guardare negli occhi, tessere fili di relazioni…
Per fare incontrare di nuovo il Dio della religione e il Dio della vita, la strada più evangelicaè partire dal Dio della vita, riascoltare da lui la parabola della casa, simbolo che tutto il tempo è da lui abitato, non solo quello liturgico; che al tempio lontano Dio preferisce la tua casa.
“Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua” (Lc 19, 1-10).
Devo fermarmi. Devo! . e senti che preme una necessità, un bisogno, una urgenza. In quel verbo risuona l’eco del desiderio di Dio.
Fermarmi, non solo passare e proseguire. E anche il tempo rallenta, acquistando profondità: la casa di Zaccheo non è una tappa, ma un traguardo, perché Gesù trasforma ogni incontro in una meta, in un “fare casa” insieme. A casa tua. Non in sinagoga a pregare, ma là dove ti senti più libero e a tuo agio, dove sei finalmente te stesso. Dove Dio custodisce i tuoi amori, dove sei più vero. E ti puoi perciò permettere anche di essere debole. Siamo tutti deboli, quando siamo veri.
Il Maestro ha fame d’incarnazione, di ferite da sanare: “Sono io che ho bisogno di entrare nel tuo mondo; non voglio portare te nel mio, come un qualsiasi predicatore fondamentalista in cerca di adepti, voglio parlare le tue parole più vere, nel tuo linguaggio piano e familiare, nel dialetto di casa tua…
Negli ultimi giorni, i grandi insegnamenti di Gesù nel tempio si alternano con un altro insegnamento, apparentemente minore e invece determinante: in un villaggio sicuro, in case amiche, Gesù annuncia, senza parole, il vangelo dell’amicizia, fessura del Regno che deve venire, vocazione dell’uomo, dove trovare fiato e luce prima della notte.
Dalla casa di Betania il Maestro proclama che l’amicizia è vangelo e vocazione santa, che apre brecce all’avvicinarsi del Regno di Dio, apre strade al fiorire della vita.
La vita è già vangelo, lieta, umanissima e gioiosa notizia. Nella casa di Simone, grande come il mondo, che si riempie di profumo, risuonano parole straordinarie che ci raggiungono tutti, come una benedizione sospesa sulle nostre case e sulle carezze che le abitano. “Dovunque sarà proclamato il Vangelo…in ricordo di lei si dirà anche quello che ha fatto”.