Per capire la Trasfigurazione, bisogna leggere ciò che è successo prima.
Gesù ormai ha capito di avere davanti la Passione e comincia a parlarne apertamente ai dodici. Il risultato è disastroso. Gesù tratta Pietro da Satana (avversario) e si ritrova da solo. Solo e incompreso.
Lo stato d’animo di Pietro e compagni non è meglio. L’aria si carica di silenzi e musi lunghi. Chissà quante ne avranno pensate sul maestro in questi “sei” giorni riportati da Matteo: segno che se li ricorda bene.
Succede anche a noi di litigare perché non si capiscono le intenzioni dell’altro. Figuriamoci se la persona sulla quale mi appoggio mi dice che se ne deve andare, o sacrificarsi per una giusta causa!
C’è un parallelo con la storia di Abramo. Sarà stato difficile per lui seguire la voce che lo invitava a partire; ma non meno difficile per il suo clan accettare l’idea di prendere una strada sconosciuta, lasciando le abituali fertili pianure. Chissà quali discussioni!
Anche per noi è cosi, ogni volta che le vie del Signore vengono a contrastare le nostre.
Per provare a porre rimedio a questa situazione di disagio, Gesù invita Pietro e compagni ad andare a pregare sul monte. Perché “su un alto monte”? Forse perché sul monte si posa il primo raggio di sole e vi indugia l’ultimo, e là il giorno è più lungo e la notte più corta. Il monte come luogo della luce.
I suoi ancora non capiscono il discorso della Passione, ma si fidano e si rimettono in cammino.
Gesù oggi invita noi a fermarci e pregare, affinché possa aiutarci a contemplare e accogliere il dono di Dio.
E’ così che la Quaresima, più ancora che a penitenza, ci chiama a conversione: a girarci verso la luce, così come l’inverno in questi giorni si gira verso la primavera. Allora smettiamola di sottolineare l’errore negli altri! Staniamo, snidiamo in noi e in ognuno la bellezza della luce, invece di fustigare le ombre!
Qui siamo di casa, altrove siamo sempre fuori posto; e come Pietro, stordito e sedotto da ciò che vede, balbettiamo: altrove non è bello, ci possiamo solo camminare, ma non stare! Qui è la nostra identità, qui la fine del viaggio dell’esule che ritorna a casa. Trovare Cristo è trovare senso e bellezza del vivere.
Ma come tutte le cose belle la visione non fu che la freccia di un attimo: una nube li coprì e venne una voce: ascoltate lui.
Il Padre prende la parola, ma per scomparire dietro quella di suo Figlio. La fede biblica è fede d’ascolto, non di visione: Shemà, ascolta Israel. Sali sul monte per vedere, e sei rimandato all’ascolto.
Scendi dal monte, e ti rimane nella memoria l’eco dell’ultima parola: ascoltatelo.
Beati coloro che hanno il coraggio di essere ingenuamente luminosi nello sguardo, nel giudizio, nel sorriso. Davvero è bello per noi stare qui, accanto a loro.
(P. Ermes Ronchi)