Il Magnificat è la risposta di Maria al saluto di Elisabetta, eco della prima benedizione di Dio sull’uomo e sulla donna, benedizione irrevocata e irrevocabile
Il Magnificat nasce nell’abbraccio di due donne nell’attesa di essere madri. Unica scena evangelica dove le protagoniste sono solo donne, senza altre presenze che non siano quelle del mistero di dio pulsante nel grembo. Dio nella danza dei grembi.
Maria va dalla parente più anziana, ricca di vita e di Bibbia, per confrontarsi, aperta e disponibile, senza stereotipi di fede, senza preconcetti.
Un viaggio di discernimento, non a caso sui sentieri tortuosi e faticosi delle montagne, simbolo di un percorso di vita ben più articolato, della difficoltà e del tempo necessari per il maturare della vocazione, per la gestazione della fede.
Maria non va da Elisabetta, che appartiene ad una categoria sociale superiore, per aiutarla, ma per ascoltare da lei come l’impossibile sia diventato possibile. Per essere l’una per l’altra voce di Dio, quasi una lectio divina a due cuori, di fronte alla vertigine del miracolo.
La vocazione di Maria avviene nella casa, ma la verifica si compie nella comunità, attraverso la mediazione di Elisabetta. Non riduciamo a monologo ciò che nasce come dialogo. Con la prima parola “Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo” Elisabetta diventa eco della prima parola di Dio sull’uomo e sulla donna: “Dio li benedisse” (Gen 1,28°).
Benedizione irrevocata, irrevocabile: noi siamo benedetti, benedetti fin dal principio, benedetti in ogni nostra debolezza. Perché Dio benedice con la vita: “Crescete e moltiplicatevi” (Gen 1,28b). Elisabetta si fa voce di Dio, benedice come Dio.
Benedire: prima parola che dovrebbe sempre aprire le labbra, prima germinazione del pensiero, della comunicazione, del cammino verso l’altro. Benedire è dire bene. L’inizio di ogni dialogo che si voglia fecondo sboccia quando sai dire all’altro: “Che tu sia benedetto”. A chi condivide strada e casa, a chi mi porta un mistero, a chi mi porta un abbraccio: “Che tu sia benedetto, Dio mi benedice con la tua presenza, possa lui benedirti con la mia presenza”.
“Benedetta tu fra le donne, che sono tutte benedette”. Su tutte le donne si estende la benedizione di Elisabetta, su tutte le figlie di Eva, su tutte le madri del mondo, su tutta l’umanità al femminile, su tutti i frammenti di Maria seminati nel mondo che hanno nome “donna”.
A ogni donna si allarga la benedizione di Elisabetta, perché possa, come dice padre Giovanni Vannucci, “pacificare la terra, conciliare i fratelli nemici, disarmare Caino, far risorgere Abele, ricondurre la terra tutta al Padre”… Il dono delle due madri è l’arte dell’incontro, che arriva a noi con le loro prime parole: verso gli uomini il primato della benedizione (benedetta tu), verso Dio il primato della lode (magnificat).