Nel cortile della scuola una maestra chiede ai bambini: “Fin dove arriva il cielo?” Un bambino risponde “Fino ai miei piedi!”
Natale è il cielo che si incontra con la terra, che bacia la terra.
L’infinito che sposa l’umano e si fa bambino.
La luce, uscita dalle mani del creatore, che entra in una stella e si posa su una grotta, ad indicare che adesso in Gesù ogni uomo e ogni donna ha in dono in sé un frammento di stella, un frammento di luce. (Siamo infatti polvere di stelle!).
Nell’arazzo posto sullo sfondo vediamo che quella Parola che era stata ammutolita nel tempio (dall’incredulità di Zaccaria) è volata in periferia in una semplice casa e ha preso carne in una donna che è corsa ad incontrare un’altra donna, anch’essa abitata da una vita nuova. La Parola che si è fatta carne, in quell’incontro domestico accogliente suscita canto e danza di gioia.
La stessa gioia che, come dice Sofonia nella lettura della terza domenica di Avvento, fa esultare Dio stesso per ogni sua creatura. Le due donne portano in sé un germoglio di vita nuova, frutto della potenza del Signore e ci ricordano che anche in ciascuno di noi è stato piantato un seme di vita che urge per germogliare, un seme di speranza e di gioia.
In noi scintilla di luce, l’appartenenza alla Vita divina. In noi germoglio di vita e di gioiosa speranza.
A noi la facoltà di averne cura perché fioriscano appieno nei nostri umili incontri accoglienti quotidiani!
Chi visita il nostro Presepe riceve in dono un piccolo segno della scintilla di Luce e del germoglio di Vita.